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L’erosione costiera è un fenomeno sempre più preoccupante per le coste sabbiose italiane che vedono una sostanziale diminuzione della loro grandezza, pari circa al 46%. È emblematico l’esempio di Ostia, dove le forti mareggiate causate dal maltempo alla fine del 2021 hanno provocato danni ingenti a molti stabilimenti balneari nella zona di levante, distruggendo cabine, bar, passerelle, piscine e piattaforme, mettendo a rischio la stagione 2022.
La Nuova Pineta-Pinetina, ad esempio, si è vista spazzare via 15 capanni grandi, ovvero cabine con docce, oltre a più di 200 metri di passerella e la piattaforma dove si effettuava il servizio bar. “Anche il ristorante è appeso a un filo” afferma amareggiato Franco Petrini, titolare dello stabilimento. Anche lo storico lido Kursaal ha perso molte delle cabine in muratura presenti, mentre la piscina dello stabilimento dell’Esercito Italiano, sul lungomare Amerigo Vespucci 40, è a rischio crollo.
Le strutture sono state prontamente messe in sicurezza, ma la furia del mare ha fatto scomparire nel giro di una notte la spiaggia antistante. Proprio in questa zona, inoltre, la Capitaneria di Porto ha dovuto vietare la navigazione e la pesca, proibendo anche l’utilizzo del tratto di spiaggia.
La spiaggia di Ostia a rischio sparizione
Il dramma dell’erosione costiera è particolarmente evidente sul litorale romano che in 10 anni ha perso circa il 50% della sua spiaggia, che è passata da 24 mila metri quadrati di sabbia a 12 mila secondo Ruggero Barbadoro (FIBA) e il fenomeno non accenna a diminuire, al contrario si stima che senza adeguati provvedimenti nei prossimi anni la spiaggia di Ostia potrebbe non esistere più.
Provvedimenti che, allo stato attuale, non soddisfano né i proprietari delle concessioni balneari, né le associazioni di categoria che hanno bocciato le misure messe in campo per arginare il litorale. Esse consistono principalmente in opere rigide come pennelli e barriere che però, secondo Legambiente, non solo non ostacolerebbero il fenomeno, ma contribuirebbero al suo peggioramento.
Marco Maurelli, presidente Federbalneari Lazio, è intervenuto a dicembre 2021 sulla questione con una lettera aperta al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, nella quale afferma che si è assistito “al trasformarsi di una mareggiata di stagione in un’arma letale per la spiaggia a causa della spinta dei nuovi pennelli messi in acqua e progettati per proteggere unicamente due strutture a danno di tutti gli altri“. Maurelli ha espresso anche “preoccupazione e sconcerto per il rilancio di un progetto di difesa della costa devastante per il mare di Roma, quello degli otto pennelli firmato da Leopoldo Franco e archiviato nel 2014 a seguito della valutazione dei danni che avrebbe prodotto“.
Il suggerimento dell’associazione è quella di “investire in opere fondamentali per la rigenerazione della costa di Ostia, con un lungomare degno della capitale” partendo dall’abbattimento del “lungomuro“, perché non si può “andare incontro a un mare che avanza con un muro di ipocrisie e cemento”.
Quali sono i provvedimenti messi in campo
Proposta inascoltata, quella di Federbalneari, dal momento che già all’inizio di febbraio sono cominciati i lavori di posa di una scogliera a riva nei pressi dello stabilimento dell’Esercito Italiano: interventi non distanziati da terra che – come fanno notare i proprietari delle concessioni balneari – potrebbero innescare un’erosione sulle spiagge sottoflutto.
Nella zona di ponente, invece, nel tratto di costa tra il Porto di Ostia e il Pontile per una lunghezza di circa 2,2 km, sono in corso i lavori di risagomatura dei pennelli esistenti di fronte al lungomare Duca degli Abruzzi, come prosecuzione di quelli presenti a levante, per un costo complessivo di 1 milione di euro. “Abbiamo deciso di incrementare le scogliere già esistenti e trasversali alla riva, al fine di aggredire in modo veemente il fenomeno dell’erosione e mettere in sicurezza l’intera area“, ha affermato Mauro Alessandri, assessore regionale ai Lavori Pubblici e Tutela del Territorio, Mobilità.
Visioni diametralmente opposte, dunque, che non sembrano poter trovare un punto d’incontro. Al contrario, la polemica non si arresta e le associazioni di categoria fanno fronte comune e si chiedono se esistano “soluzioni più in linea con la ‘transizione ecologica’ sostenibili paesaggisticamente, almbientalmente ed economicamente” (Anab). Secondo la tecnologa Ilaria Falconi, infatti, queste sono soluzioni palliative e inefficaci che “non solo non risolvono il problema ma possono, di fatto, innescare processi di erosione sull’ambiente emerso e sommerso circostante”.